Venerdì, 26 Febbraio 2010 11:35

Ancora una nota dal "Diario del Paraguay" di Giuseppe Picone

Scritto da  Gerardo

L'ultima su questo Paese, forse la più bella di tutte.
In questa missiva, dopo aver fatto rapidamente il punto sugli incontri precedenti e sulle prospettive a cui questi danno luogo, Picone ci racconta l'incontro con José Zanardini e le conseguenze della sua traiettoria, dai salesiani all'antropologia, e del suo lavoro con le popolazioni indigene. Zanardini sarà autore di un saggio che sarà pubblicato in un prossimo numero di Religioni e Società.


Diario dal Paraguay (di Giuseppe Picone)
Martedì 16 febbraio 2010


Incontro con l'antropologo Josè Zanardini


L'incontro con il Presidente Fernando Lugo è stato il punto finale di una fitta ragnatela di incontri, organizzati da Arnaldo Nesti in preparazione del numero speciale di Religioni e Società sul Paraguay, che uscirà fra un anno. Tanti incontri quindi. Ad ogni incontro tengo un breve resoconto, così come facevano gli storici che accompagnavano Alessandro il Grande nelle sue leggendarie spedizioni alla ricerca spasmodica di un passaggio ad Oriente... Ma basta scherzare.

L'incontro con Josè Zanardini è cosa seria. Serissima. Josè Zanardini è uno di quegli uomini coraggiosi e rari che ad un certo punto della propria vita decidono di tagliare i ponti e si avventurano verso un "Oriente" sconfinato. Sconfinato come è sconfinata l'esperienza umana.
Ufficialmente, dalla teologia, lui padre salesiano, dopo 36 anni di studi in Italia, se ne va in Paraguay e da 31 anni fa l'antropologo presso l'Università Cattolica di Asunción. In realtà la antropologia è il mezzo attraverso il quale entra in contatto con le numerosissime tribù indigene stanziate nel territorio paraguayo. Ha vissuto a lungo con loro tanto da venire adottato da una di esse, la tribù degli Ayoreo.

Sollecitato dalle domande del professor Nesti, Zanardini ci fa una breve, ma chiara e precisa storia delle peripezie delle popolazioni indigene in Paraguay, dal 1811 ad oggi. In sostanza al violento impatto della colonizzazione, segue una subdola politica dei governi del Paraguay, tesa ad estromettere le tribù indigene dalle loro terre.
Istituendo fantomatici catasti (il primo dittatore Rodriguez de Francia); attuando confische (con Carlo Antonio Lopez nel 1848); mettendo in vendita sterminati appezzamenti di terra (con incluse le tribù che vi abitavano, come se si trattasse di immobili o peggio) a stranieri, subito dopo la disastrosa (per il Paraguay) guerra della Triplice (1865-1870). Emblematica la vendita di 5 milioni di ettari del Chaco alla famiglia argentina Casado.
Solo i missionari (gli oblati di Maria Immacolata, la Congregazione del Verbo Divino, etc.) si occuparono degli indigeni cercando di proteggerli. Solo a partire dagli anni '50 del '900 in Paraguay si prende coscienza del problema degli indigeni. Solo nel 1981 viene varata una legge dove si riconoscono i diritti degli indigeni. E si sperimentano i primi tentativi di restituzione delle terre. Le quali terre, ora, lo Stato, deve riacquistare a carissimo prezzo.
Adesso i popoli indigeni contano circa 500 comunità. Circa la metà ha i titoli per usufruire dei benefici della legge. D'altra parte la terra, da sola, non è più sufficiente, in quanto non è più produttiva come lo era quando è stata tolta agli indigeni.
Da queste premesse - ci dice Josè Zanardini - partirà il suo saggio "La cultura socio-etno-religiosa nel Paraguay di oggi", che Arnaldo Nesti gli ha commissionato per il numero speciale di Religioni e Società.

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